MERCOLEDI DELLA PAROLA

07 DICEMBRE 2005

Riflessione mercoledì 7 dicembre ’05

1. Giovanni Battista è di più di un precursore, è un testimone

Giovanni è chiaramente una delle figure fondamentali dell’Avvento, ci aiuta a prepararci al Natale, ad accogliere la venuta del Signore; perché?

Il quarto Vangelo presenta Giovanni in un’ottica particolare: – mentre i Vangeli sinottici (*simili fra loro),(Matteo 3, 11, Marco 1, 7 e Luca 3, 16) lo presentano come il precursore; – il quarto Vangelo lo presenta come un testimone (1, 7.15). La differenza è questa:

Giovanni Battista deve sottostare a un interrogatorio vero e proprio davanti agli inviati della suprema autorità di Gerusalemme, alla quale essi stessi devono rendere conto “perchè possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato” v.22. Questa autorità centrale non può essere altro che il Sinedrio (* senato giudaico), presieduto dal sommo sacerdote, e formato, oltre che dai suoi predecessori, da sacerdoti-capi e da farisei.

Possiamo leggere tutto il vangelo di gv come la narrazione di un lungo processo, dove l’accusato è Gesù e durante il “dibattimento” vengono convocati diversi testimoni a suo favore.

Al centro del processo c’è il problema Gesù: chi è Gesù? A favore di Gesù sono spese tutte una serie di testimonianze:

quella fondamentale diventerà chiaramente quella di Dio stesso (cfr. Gv 1, 33). Poi ci sono le Scritture (Gv 1, 23). Poi c’è Giovanni il Battista (cfr. Gv 1, 6-8). Poi c’è Mosè (cfr. Gv 1, 17). Contro Gesù c’è l’incredulità del mondo, che rifiuta Gesù e lo condannerà a morte. Il processo terminerà con l’accusa e la condanna di Gesù. In realtà no – non terminerà lì, quella sarà l’apparente vittoria del mondo –, terminerà con la proclamazione della vittoria di Gesù sulla morte. Di questo processo il brano che abbiamo ascoltato è l’inizio, il primo semplicissimo atto.

Possiamo dire che il primo a rendergli testimonianza davanti al Sinedrio è il Battista, anche se non sarà la sua testimonianza ad essere decisiva:


Gesù disse: «Per poco tempo ancora rimango con voi, poi vado da colui che mi ha mandato.

Voi mi cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non potrete venire».

Dissero dunque tra loro i Giudei: «Dove mai sta per andare costui, che noi non potremo trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci e ammaestrerà i Greci?

Che discorso è questo che ha fatto: Mi cercherete e non mi troverete e dove sono io voi non potrete venire?». Gv 7,33-36.

Il testimone irrefutabile sarà invece lo Spirito Santo:

Gv 15,26: “ Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza” e per mezzo suo la comunità dei discepoli : “e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio” Gv 15,27.

Giovanni Battista ci introduce nella vera conoscenza di Gesù

Giovanni Battista in qualche modo ci introduce nella vera conoscenza di Gesù. Tanto che quando il quarto Vangelo di Giovanni presenta il contenuto della testimonianza lo dice con queste parole: «Io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio» (Gv 1, 34). Immenso! Vuole dire: Giovanni Battista rende testimonianza non solo perché ci dice quello che esternamente si vedeva, come fa un testimone quando spiega quello che ha visto con i suoi occhi. No, Giovanni Battista rende testimonianza di quello che ha visto con i suoi occhi e ha capito con l’illuminazione dello Spirito. Ha visto lo Spirito di Dio scendere su Gesù (cfr. Gv 1, 33), ha capito che Gesù è davvero il Figlio di Dio; quindi non è solo una testimonianza esterna, è una testimonianza che ci conduce fino alla comprensione del mistero.

Proprio per questo, siccome la testimonianza di Giovanni è nello stesso tempo esterna e interiore, accoglierla richiede di accettare le parole di Giovanni, ma vuole dire: avere il cuore illuminato dallo Spirito per comprenderne tutta la verità.

Dice il quarto Vangelo: «[6]Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. [7]Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. [8]Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce» (Gv 1, 6-8). Queste parole sono messe dentro al Prologo del Vangelo – mentre Giovanni annuncia il fatto che «il Verbo si è fatto carne» (Gv 1, 14), in quel contesto introduce questa parola a proposito del Battista.

Ma poi un po’ più avanti (di per sé il brano che abbiamo ascoltato è fatto di due pezzi staccati: Gv 1, 6-8 e 1, 19, 28) il quarto Vangelo ci racconta la testimonianza di Giovanni: «[19]E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: Chi sei tu?» (Gv 1, 19).

E se avete notato alla fine del brano c’è scritto: «[28]Questo avvenne in Betania, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando» (Gv 1, 28); e se ci state attenti c’è quasi una precisione notarile come se quello che abbiamo davanti fosse un atto processuale, e per Giovanni è proprio così. Il quarto Vangelo può essere letto come la narrazione di un lungo processo.

Si tratta di sapere chi è Gesù

Dunque, alcuni Giudei vengono da Gerusalemme, mandati dai capi di Gerusalemme, e pongono a Giovanni la domanda: «Chi sei tu?» (Gv 1, 19).

In realtà la domanda riguarda Gesù, si tratta di sapere chi è Gesù. Ma per definire chi è Gesù bisogna capire anche chi è Giovanni, qual è la sua funzione dentro la rivelazione di Dio: «[20]Egli confessò e non negò, e confessò:» (Gv 1, 20a).

1. La formula è solennissima, siamo davanti a qualche cosa di grande, di importante; che cosa? «Non sono io il Cristo» (Gv 1, 20b). Dovreste sottolineare il pronome personale “non sono io”, che vuole dire: è un altro, non dovete guardare me, potete venire ad ascoltare me ma poi dovete guardare verso un’altra direzione. «Non sono io il Cristo», cioè il Messia, quello che Israele attende e di cui l’uomo ha bisogno come della salvezza di Dio.

2. Non sono contenti della risposta, continuano l’inchiesta: «Che cosa dunque? Sei Elia?» (Gv 1, 21a). Elia, come ricordate, secondo la narrazione del Libro dei Re, non è morto ma è stato rapito in cielo (cfr. 2 Re 2, 1ss). Il Libro del profeta Malachia annuncia che alla venuta di Dio verrà prima di tutto il profeta Elia a riconciliare i figli con i padri, a riconciliare le generazioni del popolo di Dio perché la venuta di Dio sia una venuta di salvezza (cfr. Ml 3, 23-24). «(…) Dunque? Sei Elia? Risponde: Non lo sono» (Gv 1, 21b).

3. «Sei il profeta?» (Gv 1, 21c). Questa domanda ancora fa riferimento ad una promessa del Libro del Deuteronomio (Bibbia) dove è scritto (è Mosè che parla): «[15]Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto» (Dt 18, 15). Un profeta, uno che in qualche modo riassume tutto il profetismo d’Israele. «Sei il profeta? Risponde: No» (Gv 1, 21d).

Avete notato come le risposte sono sempre più secche.

A questo punto il primo elemento della testimonianza è dato: Giovanni Battista ha reso testimonianza innanzitutto così.

Dice sant’Agostino: “Avrebbe potuto presentarsi come il Messia. Gli avrebbero creduto! Glielo hanno chiesto proprio per quello”.

Giovanni Battista ha detto con chiarezza che la sua funzione, il significato della sua presenza non era quella, non devono cercare lui.

. Il rapporto tra Giovanni e Gesù è tra colui che deve passare e colui invece che è destinato a rimanere

«Chi sei allora? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?» (Gv 1, 22). Giovanni risponde con quelle parole che si trovano anche nei Vangeli sinottici (cfr. Mt 3, 3; Mc 1, 3; Lc 3, 4), ma qui sono messe proprio sulla bocca di Giovanni: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore» (Gv 1, 23; Is 40, 3).

«Nel deserto». “Deserto” è evidentemente un richiamo a quello dell’Esodo, a quel cammino che ha preparato l’ingresso nella Terra Promessa, quindi l’ingresso nella pienezza della salvezza.

Giovanni Battista si presenta così: come «voce». Credo che il commento più bello sia ancora quello di Sant’Agostino.

“Nel cap. 1 di Giovanni (quello che stiamo leggendo) l’Evangelista ha cominciato presentando Gesù come la Parola: «[1]In principio era il Verbo – la Parola –, la Parola era presso Dio e la Parola era Dio» (Gv 1, 1). Adesso qui si parla di Giovanni “come una voce”. La differenza è chiara: la voce è il suono, quello che io sto emettendo adesso, emetto un suono che ha un significato. La parola è il significato del suono che io emetto. E mentre il suono, la voce, è destinato a scomparire, perché appena io ho pronunciato il suono quello scompare, rimane indietro, quello che ho detto un minuto fa non c’è più, e quello che dico adesso tra un attimo non ci sarà più, e bisogna che sia così, altrimenti se i suoni rimanessero verrebbe subito una confusione indescrivibile. Bisogna che il suono passi, è necessario che il suono passi perché io possa capire; se il suono non diventa passato non riesco a comprendere. Ma se passa il suono non deve passare la parola, quello che io ho detto sarà bene che rimanga nella vostra memoria, nella vostra intelligenza, nel vostro cuore; perché se passa la parola io ho parlato per niente. Se passa il suono la parola può rimanere, se rimane la parola il suono ha compiuto la sua funzione, il suo servizio”.

“Ebbene – dice sant’Agostino –, Giovanni è il suono, è la voce, è stata pronunciata, era necessaria per riuscire a comprendere la parola; ma poi la voce, il suono, deve passare, deve rimanere quella parola che è Cristo”.

Credo sia il modo più bello di vedere il rapporto tra Giovanni e Gesù:

. A Giovanni viene rivolta la domanda del perché battezza

Ma andiamo avanti. Dunque, «[23]Giovanni è voce di uno che grida nel deserto, raddrizzate la via del Signore come disse il profeta Isaia. [24]Essi erano stati mandati da parte dei farisei. [25]Lo interrogarono e gli dissero:» (Gv 1, 23-25a). Quindi non sono ancora soddisfatti della risposta, c’è ancora qualche cosa da comprendere. «Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?» (Gv 1, 25b). Vuole dire: il battesimo di Giovanni non è solo un gesto di purificazione.

Gli Ebrei al tempo di Gesù, di questi “bagni di purificazione”, ne facevano spesso (cfr. 2 Re 5, 10). Ma il battesimo di Giovanni si dà una volta sola, non si ripete; e lo si riceve da un altro, da Giovanni; non è un bagno di purificazione, è un gesto che esprime qualche cosa di definitivo. Vuole dire che sta avvenendo qualche cosa di ultimo; non siamo semplicemente dentro a quel cammino di purificazione che deve durare per tutta la vita e per tutta la storia. No, qui c’è qualche cosa di unico.

“Perché allora battezzi, se la tua presenza non è quella del Messia che inaugura i tempi definitivi; a che serve un battesimo come il tuo?”.

Il battesimo di Giovanni è solo l’occasione perché Gesù sia rivelato come Figlio di Dio

«[26]Giovanni rispose loro: Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, [27]uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo» (Gv 1, 26-27).

Uno si aspetterebbe di sentirsi dire: “Io battezzo con l’acqua, lui battezzerà con Spirito Santo”; e questo è quello che c’è nei Vangeli sinottici (Mt 3, 11; Mc 1, 8; Lc 3, 16). Ma qui invece la prospettiva è un’altra.

«Io battezzo con acqua», e vuole dire: il mio battesimo ha un significato minimo, (sarà spiegato un po’ più avanti) è solo l’occasione perché Gesù sia rivelato come Figlio di Dio, ma in sé il mio battesimo non ha un valore autonomo.

È in mezzo a voi” ma c’è un mistero di tenebra che sembra ricoprire l’esperienza del popolo d’Israele

Ma l’importante è che «in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete». Notate, “è già in mezzo a voi”! Se riuscite ad aprire gli “occhi del cuore” potete imparare a conoscerlo, ma in realtà “voi non lo conoscete”; «venne in casa sua e i suoi non lo hanno accolto» è scritto nel Prologo (Gv 1, 11). C’è questo mistero di tenebra che sembra ricoprire l’esperienza del popolo d’Israele; eppure «è in mezzo a voi»!

«[27]uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo».

Insomma, tutto il discorso si orienta verso la rivelazione di Gesù; quello che Giovanni dice riguarda lui ma in realtà riguarda il mistero di Gesù.

Gesù è la luce del mondo

Il significato di tutto questo sta nei primi versetti, quelli del Prologo che abbiamo ricordato all’inizio ma che non abbiamo spiegato: «[6]Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. [7]Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. [8]Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce» (Gv 1, 6-8).

La “luce” è chiaramente Gesù. Questo sarà detto in modo esplicito nel cap. 8, 12 del Vangelo di Giovanni, quando Gesù dirà: «Sono io la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Dire che «Gesù è la luce del mondo», significa: attraverso Gesù l’uomo può comprendere in modo luminoso se stesso: la sua esistenza e il significato della sua esistenza nel mondo. Attraverso Gesù l’uomo può comprendere di essere:

Questo l’uomo non lo può capire con la sua intelligenza, e non lo può capire nemmeno semplicemente guardando il mondo; il mondo rimane un grande enigma davanti all’uomo, rimane qualche cosa di misterioso e di insondabile fino in fondo.

Il senso della nostra vita è l’amore

Ma se il mondo viene compreso alla luce della vita e della morte di Gesù – dell’amore con cui ha incontrato gli uomini e dell’amore per cui ha dato la vita per gli uomini; se il mondo viene compreso davanti a Gesù, allora l’amore di Dio nel mondo si ritrova, si incontra. E questa “è la luce”. La luce è quella che ti orienta, quando c’è la luce sapete dovete siete e sapete dove dovete andare. Non dico che della luce di Gesù sappiamo tutto, però sappiamo senza dubbio che la direzione della nostra vita è l’amore fraterno; su questo non c’è dubbio! Poi avremo tanti dubbi, ci chiederemo che cosa dobbiamo fare per amare i fratelli, se in una certa occasione dobbiamo parlare o tacere, se dobbiamo agire o se stare fermi, e molte volte non troveremo la risposta giusta.

Però ci rimane la convinzione senza titubanza o dubbio che il senso della nostra vita è l’amore. L’amore con cui siamo stati amati, l’amore con cui dobbiamo amare gli altri, quell’amore in cui dobbiamo trasformare la nostra esistenza.

Giovanni è stato mandato per rendere testimonianza alla luce

Questa è la luce, e Giovanni è stato mandato «per rendere testimonianza alla luce». Non è lui la luce, ma si guarda Giovanni. Un po’ più avanti il Vangelo ci dirà che è come «una lampada» (cfr. Gv 5, 35). E una lampada fa un po’ di luce, appena, appena; ci fa intravedere la bellezza della luce, ce la fa desiderare. Ma la luce vera, quella che viene in questo mondo, è chiaramente la rivelazione dell’amore di Dio, che si chiama Gesù Cristo.

Questo dunque è il brano. Che significato può avere per noi? Molto semplice. Alla fine si tratta di entrare in questo brano come quei Giudei che sono andati da Giovanni per chiedergli la sua identità. Dobbiamo chiedere anche noi a Giovanni: «Chi sei tu?».

Ma soprattutto dobbiamo accettare la testimonianza che Giovanni rende a Gesù.

In fondo a Gesù ci arriviamo sempre attraverso una testimonianza di qualcun altro

In fondo a Gesù ci arriviamo sempre attraverso una testimonianza, attraverso qualcun altro che ci dice: “Guarda che lui è il Figlio di Dio”.

Poi tocca a noi a cogliere questa testimonianza e lasciare che la testimonianza dello Spirito apra i nostri cuori. Sarà il nostro cuore a dire di sì alla testimonianza di Giovanni. Sarà lo Spirito dentro al nostro cuore a farci capire: che Gesù è davvero:

È lo Spirito Santo nei nostri cuori. Ma questa testimonianza dello Spirito viene suscitata dall’esterno, attraverso:

Insomma, è attraverso qualcun altro che ci arriva quella prima conoscenza di Gesù che diventa “un bussare alla porta del nostro cuore”.

Allora siamo chiamati a entrare in questa prospettiva:

                                                                                                                                                                                Don Alberto